Back

Mostre&eventi

Pope forma e colore
2014.05.10-2014.06.08

La Fondazione ha dato sostegno alla Finissage Mostra POPE "Forma e colore"  curatela di Alessandra Santin. Visita guidata della chiesa dell Madonna dell'Orto di Venezia e concerto del complesso vocale-strumentale "Antonio Lotti" di Venezia. 

Chiesa della Madonna dell'Orto Chiostro Tintorettiano di Venezia 3-18 Maggio 2014.

 

POPE DELLA POTENZA DELLA FINITUDINE 

 

Il lavoro di ogni artista non può che appartenere al Presente. Questa dimensione di assoluta contemporaneità rappresenta lo “stato di potenza” dell’arte, che nel caso di Pope raggiunge una compiutezza non ancora altrimenti espressa.

La sua ricerca, infatti, si pone come obiettivo costitutivo e sostanziale della realtà soggettiva umana che, oltre ogni possibile estensione, si interrompe in presenza di una linea periferica solo apparentemente marginale.

Allo straordinario concetto Zen del “Le Vide” (Il Vuoto) ottenuto utilizzando singoli pigmenti compatti su superfici quasi interamente sature, vibranti di luminosità necessarie, l’artista contrappone le categorie di Limite e di Confine, in quanto forme di una soggettività fragile, che mai come oggi si interroga sul senso della potenza e della finitudine.

Rielaborando alcuni spunti già proposti dall’astrazione costruttiva le opere più recenti di Pope, presenti nella prestigiosa sede espositiva del Castello di San Vito al Tagliamento, sviluppano un’astrazione radicale che conduce la sua pittura al monocromo “Vuoto-pregno di colore” per interrogare, appunto, il senso e i modi della dimensione umana.

Il colore di Pope dà esistenza visiva a una “materia” altrimenti invisibile, il Vuoto che come si sa non può mai essere assoluto. Dai diversi linguaggi dell’arte del XX secolo questa categoria è stata più volte visitata, si pensi al Teatro con le scansioni temporali dilatate di Kantor o di Nekrosius, così come nel cinema con le pellicole di Kieslowski, Angelopoulos, Kiarostami. Essa si rappresenta nella letteratura e nella poesia entro gli haiku di Basho e i “Vuoti” contemporanei di Harrison. Ad essi si ispira Isabella Porfido ne I colori per Pope inseriti in catalogo: un controcampo poetico che non vuole semplicemente illustrare le opere dell’artista, quanto ribadirne il significato esistenziale intrinseco.

Il Vuoto viene ripreso in altro modo anche nell’Architettura e nella Fotografia contemporanea, dove domina non solo come componente dei volumi, ma anche come spazio circostante e spazio interno.

Nelle opere di Pope esso emerge allo stesso modo dall’interiorità per mostrarsi nel colore/materia, steso per sovrapposizioni successive di strati che assimilano, a volte, il pigmento puro con le polveri di silicio, o si dispiegano leggeri, attraverso velature che lasciano intravedere il sovrapporsi di momenti successivi.

La dimensione filosofica del Tempo Urgente e di quello Contenente detta ritmi e pause, attese imposte da asciugature e da assorbimenti successivi: dialoghi cromatici minimali che portano allo sviluppo di tonalità esplicite e rare. Il tutto bianco, i neri lucenti, il giallo solare, i rossi… ( - della ferita che conosco/la sola, la vera intimità intatta/il patto assolto- per usare parole della Panfido) attivano azioni meditate, procedure raffinate che costituiscono il paziente metodo di lavoro di Pope, per ripercorrere quella verità storico/esistenziale che qualifica la sua ricerca poetica.

Guidato da esigenze di perfezione quasi maniacale egli realizza campiture di dialogo, sature e deserte, che catturano insieme alla luce anche la verità del nostro sguardo sedotto.

Ci si sofferma sulle sue opere come in perlustrazione, con un andamento lento fino all’incontro con il segno, che è la vera cifra poetica di Pope: il bordo estremo, il confine ultimo.

Tutto avviene lì intorno. Dove lo sguardo atterra e si placa.

La pausa e la lentezza, condizioni ermeneutiche ineludibili, interrogano la bellezza originaria delle superfici morbide e lisce, ricche di declinazioni plastiche e di vibrazioni armoniche, di forme e di forze che potenziano l’energia espressiva proprio lì, dove essa finisce, dove si accresce la valenza semantica della materia manipolata: al limite del luogo, dove si forma l’interrogazione ultima, dove si misura la memoria di eventi sottostanti che ancora affiorano in parziali suggestioni, visibili nei preziosi frammenti d’oro.

Questo tipo di Installazione d’Arte Informale va oltre il momento contemplativo della Non Azione, per privilegiare un movimento dello sguardo e del pensiero.

Le materie si dilatano, si appianano e si fondono, la tensione si allenta e si interrompe, si scopre attiva nel cambio di cromatismo. Su quel confine indugia l’azione interpretativa, nella scoperta della finitudine che non si rapporta alla sola questione estetica per farsi ricerca concettuale, si diceva, del limite e del confine. Della Potenza e della Finitudine. Essenziali, impersonali e autoreferenziali, le Installazioni e le Sculture di Pope rappresentano una parte fondamentale del processo creativo dell’artista. Da esse traspare l’opera/finita/infinita.

L’opera/Installazione si pone quindi oltre il limite, in potenza: come perfetto esempio di poesia essa è chiamata a significare se stessa, carica di connotazioni estetiche concettuali.

In essa l’artista riconquista l’autorevole spazio dell’opera d’arte, come luogo di supremo pronunciamento di una potenza oggettiva. Essa permette e Pope di rivolgere e dischiudere una nuova possibilità per l’arte a venire.

L’oscuramento, quando sono i neri a dominare, evoca un consunzione, uno stratigrafico deposito di agenti esterni alla pittura (così come fa la polvere). Nel gesto dell’artista la scelta della sottrazione cromatica reca una determinazione radicale, un moto progressivo di affinamento verso una misura interiore, consapevole della finitudine di spazio/tempo/colore, che all’icona e alle sue potenzialità rivolge ormai da tempo un preciso investimento, mai solo emozionale quanto piuttosto riflessivo e di pensiero. Concettuale appunto.

Queste morfologie ultime, colte al limite, ribadiscono il valore primario e supremo del corpo dell’opera, della sua desertificazione e spoliazione da superflui elementi narrativi. L’attitudine alla sottrazione di Pope rispecchia quell’intensità materico/spirituale che l’artista desidera condividere. Se l’autenticità della mozione interiore è esplicita, le sue “tonalità” spesso vengono celate al lettore, che è indotto a cercare significati propri e inattesi, dovuti alle coloriture/campiture semantiche soggettive, perché se “…Nell’opera d’arte è posta in opera la verità” (Heidegger) è importante che in essa ciascuno incontri la sua.

Alessandra Santin

(Bibliografia: catalogo della mostra POPE FORMA E COLORE, Antiga edizioni 2014)

Budapest Museum Hotel
1088, Trefort Street 2
361/485 1080
La fondazione espone mostre temporanee e svolge la sua attività didattica e gli incontri presso la galleria d'arte dell'Hotel Museum Budapest